Meccanismi cerebrali nella religione e nella spiritualità

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 04 marzo 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Sempre affascinante, lo studio dei correlati neurofunzionali delle esperienze spirituali e delle convinzioni religiose, rappresenta ormai una distinta branca di indagini neuroscientifiche con un notevole seguito. Agli studi pionieristici di Eugene d’Aquili e Andrew Newberg[1] ha fatto seguito lo sviluppo di un campo specializzato che ha preso il nome di neuroteologia e al quale lo stesso Newberg ha fornito un contributo considerevole[2]. Numerose osservazioni, prevalentemente basate sull’analisi di immagini funzionali del cervello durante esperienze mistiche, stati dello spirito e pratiche religiose, hanno fornito tracce numerose e non sempre concordi di attività di regioni e reti cerebrali associate a ciascun tipo di processo psichico. Da tali correlati si è cercato di evincere probabili meccanismi e di sviluppare quadri teorici entro cui organizzare i dati.

Superata la fase che potremmo chiamare di “infanzia” di questi studi, durante la quale molti cercavano ancora nelle immagini del cervello attivamente funzionante prove per le proprie tesi precostituite, oggi si tende maggiormente alla comparazione fra stati cerebrali, per tentare di desumere, fra somiglianze e differenze, criteri per stabilire le reali peculiarità di ciascuno stato.

La maggior parte degli studi finora condotti è stata concepita sulla base della distinzione intuitiva fra religiosità e spiritualità, la prima essendo riferita all’esercizio delle pratiche codificate di un credo religioso, e la seconda all’esperienza individuale del rapporto con la dimensione trascendente e, in particolar modo, con Dio.

Ora, in un interessante articolo, due ricercatori olandesi, van Elk e Aleman, presentano la teoria dell’elaborazione predittiva (predictive processing) quale quadro unificante per interpretare le basi neurocognitive sia della religione che della spiritualità.

 (van Elk M. & Aleman A., Brain mechanism in religion and spirituality: An integrative predictive processing framework. Neuroscience Biobehavioral Review 73: 359-378 (Feb), 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuroscience, University Medical Center Groningen, University of Groningen (Paesi Bassi); Department of Psychology, University of Amsterdam, (Paesi Bassi).

Nell’ottobre del 2008 la nostra società scientifica ha proposto un saggio di rassegna e discussione, intitolato La Ricerca dello Spirito nel Cervello[3] e tratto da “note” pubblicate in precedenza sul sito web, dal quale si estrae un brano che introduce a questi studi, rilevando l’importanza che ha avuto fino a tempi recenti in questo campo l’orientamento culturale, filosofico e religioso degli autori dei lavori, nell’influenzare l’interpretazione dei dati:

Alcuni ricercatori agnostici ritengono che i processi neurobiologici responsabili dello stato affettivo-emotivo che caratterizza le esperienze mistiche siano all’origine delle religioni. In altre parole, per costoro tutta la cultura religiosa non sarebbe altro che letteratura, filosofia ed arte sviluppate quale conseguenza di esperienze insolite o francamente patologiche che hanno riguardato lontani progenitori e che ancora oggi interessano il cervello di molte persone. Si comprende che per tali studiosi la definizione del profilo neurofunzionale di un’esperienza mistica equivale a decifrare l’origine biologica del sacro e del divino nei termini di uno stereotipo funzionale minoritario o patologico, perciò non sorprende che possano essere tentati di trascurare le differenze individuali e l’attività cerebrale “neutra”, enfatizzando il dato che si avvicina ai reperti patologici.

All’opposto, si può notare che fra i credenti, soprattutto cristiani di confessione cattolica, c’è il rischio di una sottovalutazione del ruolo dell’esperienza mistica e dunque dei processi cerebrali a questa connessi, perché secondo il magistero della Chiesa tali vissuti non sono di per sé garanzia di una condizione spirituale di vicinanza col divino, se non a certe precise condizioni, e al più si possono considerare parte di una costellazione di eventi fisiologici alla base dei molteplici aspetti psichici di una fede.

Fra i ricercatori dichiaratamente atei, poi, vi sono coloro che, come vedremo più avanti, con l’intento malcelato di dimostrare che ogni istanza soprannaturale possa essere ricondotta all’attività di un gruppo di neuroni, cercano un ipotetico “God Spot”, ossia un’area in cui sia localizzata una funzione corrispondente al divino nel cervello umano[4][5].

Lo sviluppo di questa ricerca ha, poco a poco, innalzato lo standard di rigore metodologico ed interpretativo degli studi, portandolo al livello della ricerca neuroscientifica media e superando il pregiudizio di molti autorevoli studiosi: “Una cosa è certa, nessuno oppone più resistenza a questo genere di studi e molti si attendono risposte utili sia per la scienza che per la fede.

D’altra parte, la precisa identificazione dei processi che consentono alle reti di cellule cerebrali di mediare esperienze mistiche, religiose e spirituali, se per i non credenti costituirà una conferma della natura biologica del fenomeno religioso, per i credenti potrà essere un motivo in più per credere in Dio: ritrovare impressa l’impronta indelebile della Sua immagine in quei sistemi neuronici che ci consentono, solo se lo vogliamo, di incontrarlo dentro di noi[6].

Come già accennato in precedenza, van Elk e Aleman propongono l’interpretazione non più distinta delle basi cognitive delle esperienze religiose e spirituali, ma unificata nella teoria dell’elaborazione predittiva. Il modello creato dai due studiosi olandesi è sostenuto mediante la discussione di quattro meccanismi che si ritiene abbiano un ruolo cruciale nella neuroscienza della religione e della spiritualità:

1) aree cerebrali del lobo temporale sono associate a visioni religiose ed esperienze estatiche;

2) aree cerebrali multisensoriali e la rete DMN (default mode network) sono implicate in esperienze cosiddette “auto-trascendenti”;

3) la rete della Teoria della Mente (Theory of Mind-network) è associata con esperienze di preghiera e attribuzione di intenzionalità;

4) processi dall’alto verso il basso, ossia top-down mechanisms, originati nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia prefrontale mediale, potrebbero essere implicati nell’acquisire e mantenere credenze soprannaturali.

I due ricercatori hanno comparato il modello dell’elaborazione predittiva con spiegazioni basate sui due modelli di religione e spiritualità, evidenziando il ruolo centrale del monitoraggio dell’errore di previsione.

Si rinvia alla lettura integrale del testo originale per la presentazione da parte di van Elk e Aleman di nuove previsioni per le ricerche future e per la discussione delle implicazioni filosofiche e teologiche della ricerca neuroscientifica sulla religione e sulla spiritualità.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-04 marzo 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Il compianto Eugene d’Aquili e il suo principale collaboratore, Andrew Newberg, raggiunsero una notevole notorietà in seno alla comunità scientifica internazione per lo studio mediante SPECT (tomografia ad emissione di singolo fotone) del cervello di buddisti durante una pratica meditativa. I principali risultati dei loro studi sono esposti nel volume: Andrew Newberg, Eugene d’Aquili e Vince Rause, Why God Won’t Go Away: Brain Science and the Biology of Belief, Ballantine Books, New York 2001.

[2] Si veda, in particolare: Andrew B. Newberg, Principles of Neurotheology, Routledge (Taylor and Francis) 05 Dec. 2016 (2017); un’edizione precedente, del 2010, è stata pubblicata da Ashgate Publishing. Newberg è anche coautore del bestseller divulgativo: Andrew B. Newberg and Mark Robert Waldman, How God changes your brain. Ballantine, 2009.

[3] Nella sezione “IN CORSO” del sito: Lanfredini M., Cardon N., Perrella G., La Ricerca dello Spirito nel Cervello - rassegna e discussione. BM&L-Italia, Firenze 2008.

[4] Si veda: David Biello, Searching for God in the Brain. Scientific American MIND 18 (5), 38-45, 2007.

[5] Lanfredini M., Cardon N., Perrella G., La Ricerca dello Spirito nel Cervello - rassegna e discussione, pp. 2-3, BM&L-Italia, Firenze 2008.

[6] Lanfredini M., Cardon N., Perrella G., op. cit., p. 20.